In risposta al
coordinamento cittadino di Sel, che ha chiesto la rimozione del dirigente
dell’area personale del Comune, Salvatore Troia, condannato in primo grado per
una vicenda relativa a un concorso bandito nel 2004 dal comune di Catania, trovo strano ed
esagerato l’accanimento mediatico nei confronti del dirigente Troìa. Un accanimento che tra l’altro sta creando confusione con
l’attività amministrativa del nostro Comune. I fatti contestati a Troia
riguardano un dirigente, non un politico o un amministratore: se la sentenza
avesse riguardato il sindaco o un assessore ne sarebbero subito scaturite le
dimissioni. Ma qui si tratta di un rapporto di lavoro e, peraltro, l’episodio
non ha nulla a che vedere con il nostro Comune. Il dirigente Troia ha un
contratto triennale nato da una scelta fiduciaria, effettuata sulla base
dell’ottimo curriculum e della pregressa esperienza di direttore generale del comune
di Vittoria; ma all’indomani di quella scelta e della stipula del contratto,
Troia è diventato un dipendente come tutti gli altri, e dunque soggetto ai
doveri che scaturiscono dalle leggi e dal contratto collettivo di lavoro, ma
anche titolare dei diritti e delle tutele derivanti dal contratto collettivo. In
presenza di una sentenza di primo grado, vige la presunzione di innocenza:
peraltro, l’interessato si professa estraneo ai fatti che gli vengono
contestati e vittima di un errore burocratico. Ma, al di là di queste
considerazioni, l’argomento tranciante è questo: non è prevista dalla legge la
risoluzione contrattuale, che peraltro provocherebbe all’Ente un ingente danno
per via del contenzioso che ne scaturirebbe e che sarebbe sicuramente perdente
per il Comune. Per di più, considerato che dell’etica e della trasparenza abbiamo
deciso sin dall’inizio di fare un modello della nostra gestione amministrativa,
mi sono premurato di verificare se la
situazione in cui è incorso il dirigente Troia rientri fra i casi previsti
dalle regole della Carta etica di Pisa, che il nostro Comune ha scelto di
adottare. Ebbene, neanche in quel codice, che rappresenta l’emblema del rigore
e della trasparenza nazionale, è prevista una situazione ostativa alla
prosecuzione del rapporto con il dirigente. Pertanto, considerato che la
risoluzione non è contemplata né dalla legge
né da un codice etico rigoroso come la Carta di Pisa, ritengo che la
richiesta di Sel sia del tutto fuori luogo. Del resto, su queste tematiche
posso ben considerarmi al di sopra di ogni sospetto, avendo avviato in questi anni
procedure di rimozione, denunce e licenziamenti nei confronti di dipendenti
condannati per concussione e per altri gravi reati e avendo richiesto
l’allontanamento dalle aziende speciali di dipendenti che avevano contiguità
con la criminalità. Io stesso, peraltro, ho preteso l’inserimento di stringenti
clausole a tutela della legalità nei bandi per le assunzioni del personale
nelle aziende speciali. E dunque, a Sel non resta che invocare la Santa
Inquisizione o la forca.